Quella terza via tra ripiego all’indietro ed «europeismo» tecnocratico

FONTE: https://www.laverita.info/kulturaeuropa-eurotecnica-2668519775.html

Pubblicati gli atti del convegno «Eurotecnica», organizzato Centro studi Kultureuropa, sulle contraddizioni dell’Ue e le potenzialità per una riscossa continentale.

E l’avvenire dell’Europa fosse sotto il segno della potenza? Una domanda scomoda, perché nel panorama attuale gli «europeisti» hanno il tabù della potenza, mentre i settori politici che non hanno di questi interdetti, spesso hanno però il tabù dell’Europa. È possibile una terza via? È la domanda che si sono fatti i partecipanti al convegno «Eurotecnica», tenutosi a Roma il 16 marzo 2024. Padrone di casa, il Centro studi Kultureuropa, che ormai da anni si occupa di produrre contenuti digitali, scritti e appunto eventi dal vivo sulla cultura non conforme. Ora gli atti del convegno romano sono stati pubblicati da Passaggio al Bosco, in un volume che ha appunto per titolo Eurotecnica.

Il volume si apre con la franca ammissione, da parte di Marco Scatarzi, responsabile della casa editrice, sull’inservibilità di certi strumenti politici e dottrinari dominanti a destra sino a qualche tempo fa: «Laddove si credeva di dover frammentare l’Europa in nome di un “sovranismo” non meglio specificato – il cui errore più evidente non era ambire ad una sovranità sacrosanta, ma illudersi d’arrivarci per disgregazione, buttando via il bambino con l’acqua sporca e identificando l’Europa con le contraddizioni della sua oligarchia bancaria oggi si insiste sulla volontà di rianimare una volontà di potenza continentale, riattizzando la brace della lunga memoria che arde sotto le ceneri del fatalismo».

Provare a giocare la carta europea, ovviamente, non significa tacere tutte le contraddizioni dell’istituzione di Bruxelles che attualmente monopolizza il nome del continente in sede politica. Come fa notare il filosofo e docente Francesco Ingravalle, «un governo dell’Unione Europea esiste, ma non è un governo politico. Dato che pecunia nervus rerumpublicarum est, come apprendiamo, tra gli altri, dal giurista imperiale Johannes Althusius,  uno sguardo alla struttura del sistema Europeo delle Banche centrali e alla Banca Centrale Europea ci obbliga ad affermare che l’Unione Europea, in questo vitale ambito della politica è sine nervo. Al Mercato Unico non corrisponde una gestione europea (superiorem non recognoscens) della finanza subcontinentale».

Non tutto è rosa e fiori tra l’Atlantico e gli Urali, quindi. Ma alcune eccellenze, spesso oltre la politica e nonostante la politica, esistono. Nel suo intervento, per esempio, Carlomanno Adinolfi fa l’esempio della ricerca sulle particelle subatomiche, «un campo dove l’Europa ha pochi rivali, grazie al Cern ma non solo. È un campo che potrebbe davvero segnare una svolta rivoluzionaria nella “guerra dell’energia”. Sono moltissimi gli studi europei che hanno portato a scoperte eccezionali che potrebbero ribaltare totalmente qualunque paradigma di autonomia e dipendenza dalle risorse». Vengono citati in tal senso «gli studi quantistici e particellari hanno portato ad esempio alla realizzazione di superconduttori a temperatura ambiente che possono condurre corrente elettrica senza resistenza anche senza il bisogno del raffreddamento a bassissime temperature (cosa che comporterebbe un utilizzo di energia che porterebbe spesso in negativo il rapporto tra energia prodotta e quella consumata). Questi materiali potrebbero rivoluzionare diverse tecnologie, in primis la generazione di energia con batterie super performanti».

Altro tema caldo, su cui si intersecano questioni economiche, scientifiche, politiche e ideologiche, è la cosiddetta «transizione green», sui cui aspetti contraddittori La Verità si è spesso dilungata. Il punto, spiega l’esperto Giampiero Joime è che «oggi la Cina – attraverso una politica industriale di lungo termine per il controllo della logistica e della raffinazione delle materie prime, e per la produzione integrata di batterie, pannelli e auto elettriche – è il più grande fornitore globale di materie prime critiche, contribuendo alla fornitura del 66% del totale e detenendo il primato su gran parte dei minerali strategici. Nella filiera elettrica, se consideriamo il litio, il cobalto e le altre materie prime utili per la transizione energetica, la Cina ha prima conquistato la leadership contrattuale nelle principali aree minerarie, dall’Australia, al Sud America e all’Africa, per poi investire sulla tecnologia e sulla capacità di raffinazione e trattamento, e costruire così la leadership chimica». Insomma, la transizione green sembra più che altro una gigantesca transizione di potere e capitali nelle mani dei cinesi. «Sembra quasi», continua Joime, «che il potere industriale occidentale abbia in questi anni preferito delegare, per grave distrazione, proprio alla Repubblica Popolare Cinese i processi manifatturieri a valle dell’estrazione e raffinazione dei minerali, forse anche perché paradossalmente troppo poco green rispetto agli stringenti parametri ambientali della legislazione europea». Una vera e propria follia, a cui Bruxelles ha solo recentemente provato a rimediare, comunque sempre in modo insufficiente. Come si vede, quindi, la strada verso la potenza europea è lastricata di ostacoli e contraddizioni. Non c’è una sola ricetta. C’è però un’unica direzione possibile, che pur può essere declinata in molti modi: verso l’avanti.

ADRIANO SCIANCA

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